Sabrina Foschini es una rara avis en la poesía italiana contemporánea. Retirada en su Rímini natal, se dedica a las artes plásticas y a la poesía. Ha publicado, entre otros, los poemarios Andare per il sottile (2001), Il paragone col mare (2002), Inno del corpo ricostruito (2002), Ragioni della sete (2006), Terramare (2011), Voce del verbo (2012) y Gli dèi bugiardi (2021). Discípula de Cristina Campo, su poesía oscila entre la mística y la sensualidad. Sus versos son líneas del horizonte que unen el mar y el cielo. Da su voz a toda una galería de personajes de la Biblia y de la mitología griega buscando los recovecos más ocultos del alma humana. Si hubiese nacido en otro siglo tal vez sería una mística. En el siglo pasado podría haber sido la protagonista de un film de su paisano Fellini. Los poemas que aquí presentamos (dos arcángeles, un mito, y dos sutiles poemas de amor) se publican por primera vez en español en la antología Mordiscos y plegarias, editada por Renacimiento. La traducción y el prólogo son de Juan Vicente Piqueras.
***
1
Michele
Ho il sangue dell’amico sotto i miei piedi.
Il suo morso sul dente della mia lancia.
Noi eravamo vicini, dividevamo a metà i sogni,
avevamo le stesse insegne sulla corazza.
Le sue ali erano più larghe delle mie,
coprivano meglio le distanze.
Più veloce nella corsa e nel riso,
più svelto a prevenire i desideri del genitore.
Egli ci guardava sorridendo, come a godere della nostra somiglianza.
Ma il suo viso era più bello del mio.
Meno sporco di approssimazione.
Spesso mi diceva che la gioia assoluta dell’eternità lo spaventava.
Parlava piano, come se in questo modo il padre non potesse udirlo.
Vedevo che questo pensiero gli cambiava le mani,
inceneriva la sua pelle.
Ho schizzi di sangue sulle pieghe nette della tunica.
Una striscia di terra attorcigliata alla cintura.
Una corona spinata attorno alla mia mano destra…
Lui mi aveva sempre battuto nella lotta
ma il dubbio lo aveva indebolito,
lavorato ai fianchi come una marea.
Quando è precipitato ho fatto in tempo a vedere i suoi occhi infuocarsi.
Credo che nel mondo questo si chiami piangere.
Un verbo che ho imparato da lui.
In segreto studiava le parole degli uomini
e i loro movimenti mancini.
Aveva sete di tutto.
Aveva invidia della terra.
Mentre cadeva sotto la geometria aguzza dei colpi
mi è sembrato che sorridesse.
O forse preferisco crederlo.
Dico che non avrei voluto questo compito.
Ho fatto io, quell’angolo vuoto accanto al Padre.
Da allora la mia mano impugna in ogni gesto un’arma.
E tengo l’amico sotto i miei piedi.
***
Miguel
Tengo bajo mis pies la sangre de mi amigo.
Su mordisco en el filo de mi lanza.
Éramos vecinos, compartíamos sueños,
llevábamos los mismos emblemas sobre la coraza.
Sus alas eran más grandes que las mías,
cubrían mejor las distancias.
Más rápido en la carrera y en la risa,
más hábil en prevenir los deseos del padre.
Él nos miraba sonriendo, como disfrutando de nuestro parecido.
Pero su rostro era más bello que el mío.
Menos manchado por las imprecisiones.
A menudo me decía que el gozo absoluto de la eternidad lo asustaba.
Hablaba despacio como si así el padre no pudiera oírlo.
Yo veía que este pensamiento le cambiaba las manos,
le oscurecía la piel.
Llevo manchas de sangre sobre los pliegues limpios de la túnica.
Una franja de tierra atada a la cintura.
Una corona de espinas alrededor de mi mano derecha…
Siempre me pudo en la lucha
pero la duda lo había debilitado,
erosionado las caderas como una marea.
Cuando cayó me dio tiempo de ver sus ojos arder.
Creo que en el mundo esto se llama llorar.
Un verbo que aprendí de él.
En secreto estudiaba las palabras de los hombres,
y sus movimientos falsos.
Tenía sed de todo.
Tenía envidia de la tierra.
Mientras caía bajo la simetría aguda de los golpes
me pareció que sonreía.
O así quiero creerlo.
Confieso que habría preferido no cumplir esta misión.
Soy yo quien ha dejado ese hueco vacío junto al Padre.
Desde entonces mi mano empuña en cada gesto un arma.
Y tengo a mi amigo bajo mis pies.
***
2
Gabriele
Sono entrato dalla finestra
e mi sono posato nella stanza
così fanno le foglie dei loro alberi
quando il tempo del vino le arrossa.
Ho fatto qualche passo toccando terra
come mi avevano insegnato, per non spaventarla.
Lei era di quelle mortali, senz’ali.
Aveva un viso che ricordava quello di mio padre
ma di una misura ancora più dolce.
Credo che questa differenza si possa chiamare “donna”.
Lei l’ancella del mondo fermo, ed io il messaggero del cielo
ma a vedere la bellezza della sua paura e la grazia della sua difesa
avrei legato sacchi di sabbia ai miei fianchi
per restarle accanto e servirla.
Le ho detto che il raggio che le annunciavo
le avrebbe popolato il grembo
come un astro illuminato.
Lei non conosceva il mistero della nascita,
e io per me, sono un angelo… cosa avrei potuto dirle?
Ha creduto a quello che non conosceva
perché ha sentito che eravamo uguali
nel difetto ad un tale compito.
Ha avuto fede in me, come io ne ho avuta in lei
e in questo ci siamo accompagnati.
Avrei voluto portarla in volo per mostrarla ai miei fratelli
che al ritorno mi avrebbero domandato del suo volto
ed io non sarei stato capace di descriverlo.
Lei ha intrecciato le dita a proteggere la luce che restava.
Io col mio indice le ho sfiorato le mani
nel porgerle il giglio dell’investitura
ed ora sulla punta, porto il suo profumo
di miele che s’incarna.
***
Gabriel
Entré por la ventana
y me posé en la estancia
como hacen las hojas de sus árboles
cuando el tiempo del vino las pone coloradas.
Di unos pasos tocando el suelo
como me habían enseñado, para no asustarla.
Ella era una de esas mortales, sin alas.
Su cara me recordaba a la de mi padre
pero era de rasgos todavía más dulces.
Creo que esa diferencia puede llamarse «mujer».
Ella, la doncella del mundo firme, y yo el mensajero del cielo,
pero viendo la belleza de su miedo, la gracia de su defensa,
habría atado sacos de arena a mis caderas
para quedarme allí a su lado y servirla.
Le dije que el rayo de luz que le anunciaba
fecundaría su vientre
como un astro iluminado.
Ella no conocía el misterio de dar a luz,
y yo soy solo un ángel… ¿qué podía decirle?
Creyó en lo que no conocía
porque sintió que éramos iguales
en el defecto para tal misión.
Tuvo fe en mí y yo la tuve en ella
y en esto nos hicimos compañía.
Me hubiera gustado llevármela volando
para que la vieran mis hermanos
que a mi vuelta me preguntarían por su rostro
y yo no sería capaz de describírselo.
Ella trenzó los dedos para proteger la luz que le quedaba.
Yo con mi índice le rocé las manos
al darle la azucena que la investía
y ahora en la punta de los dedos llevo su olor
a miel que se hizo carne.
***
3
Narciso
Acqua lucida tutto intorno,
argento liquido che quando si posa
prende l’immagine del mondo.
Acqua bella, acqua, che sono io.
Lei mi guarda e con quel volto inimitabile
ripete ogni mia occhiata, ricambia l’amore da dentro.
Occhi che guardano occhi e sono gli stessi.
Cercano di fuggire ma restano invischiati nei bulbi
a ricambiare un amore che non può uscire
né abbracciare, né saziarsi, tenere il sapore sulla bocca.
La fonte mi tiene fermo, incollato al mio riflesso
che è uscito da me per esaudirmi.
Non conosco uomo più perfetto, un viso più degno d’essere adorato
ed oggi per la prima volta mi guardo.
Sono sbalzato fuori per entrarmi dentro
e trovare qualcuno che possa meritarmi
sostenere l’entità maestosa di un tale dono.
Io mi amo, ti amo, amo…
io bacio l’acqua e non sento il calore
affondo la faccia e non trovo le mie labbra
l’uomo che cerco è come un morto che rimane ma non respira
ripete a memoria come una ninfa
non sa creare gesti dal nuovo
non sa che offrirsi, senza donare.
Io mi avvicino e lui cala a fondo
non si lascia toccare, non si lascia godere
l’uomo che sono non sente l’amore, è sordo ai lamenti
si pasce del mio bene dallo sguardo
e mi mangia l’anima ad ogni occhiata.
***
Narciso
Alrededor agua lúcida,
plata líquida que cuando se calma
toma la imagen del mundo.
Agua bella, agua que soy.
Ella me mira y con ese rostro inimitable
repite cada mirada mía, corresponde a mi amor desde dentro.
Ojos que miran ojos y son los mismos.
Intentan escapar, pero se quedan atrapados en sí mismos
intercambiando un amor que no puede salir,
ni abrazar, ni saciarse, ni sentir el sabor en la boca.
La fuente me detiene, pegado a mi reflejo
que ha salido de mí para satisfacerme.
No conozco a nadie más perfecto, un rostro más digno de ser adorado
y hoy por primera vez me miro.
He salido de mí para entrarme dentro
y encontrar a alguien que pueda merecerme,
sostener la entidad majestuosa de tal don.
Yo me amo, te amo, amo…
Yo beso el agua y no siento el calor,
hundo la cara y no encuentro mis labios,
el hombre que busco es como un muerto, que está pero no respira,
repite de memoria como una ninfa,
no sabe crear gestos nuevos,
no sabe más que ofrecerse, sin donar.
Yo me acerco y él se va hacia el fondo,
no se deja tocar, no se deja gozar,
el hombre que soy no siente el amor, es sordo a los lamentos,
se sacia de mi bien con la mirada
y me devora el alma cada vez que me mira.
***
4
Dei musei archeologici mi commuovono i vetri,
le ampolle crepate dalla terra e opache di pasta incerta.
Mi fanno tremare i lini, le pezze, i frammenti di vesti
lavorate dal telaio e sfilacciati dalle tombe
dai corpi risucchiati.
Mi tengono stretta i mazzetti di fiori attorcigliati,
legati come corone piccole, da viaggio,
seppelliti insieme ai fayyum.
Mi fanno tenerezza le manciate di grano,
di farro, di cereali estinti,
le ciotole, gli specchi di ferro molato,
le fibbie scucite, i giocattoli di legno
di bamboline snodate negli arti.
Dei musei archeologici mi fa piangere
lo sguardo della gente di oggi,
la poesia della Campo che dice
“moriremo lontani” davanti ai corpi etruschi,
ricongiunti al pubblico, di due sconosciuti
e pensa al suo amore grande, poeta
che forse non l’ha voluta
e che le sopravvive.
***
De los museos arqueológicos me conmueven los cristales,
los frascos agrietados por la tierra y opacos de pasta incierta.
Me hacen temblar los linos, los remiendos, los jirones de vestidos
hilados por el telar, deshilachados por las tumbas,
por los cuerpos tragados.
Me sujetan los retorcidos ramilletes de flores,
atados como coronas pequeñas, de viaje,
sepultados junto a los fayyum.
Me producen ternura los puñados de trigo,
de farro, de cereales extinguidos,
las vasijas, los espejos de hierro forjado,
las hebillas descosidas, los juguetes de madera
de muñequitas articuladas.
De los museos arqueológicos me hace llorar
la mirada de la gente de hoy,
el poema de Cristina Campo que dice
“moriremos lejanos” frente a los cuerpos etruscos,
vueltos a unir para el público, de dos desconocidos,
y piensa en su amor grande, poeta
que tal vez no la quiso
y que le sobrevive.
***
5
Se non potrò partire
viaggerò in verticale come un albero
che al medesimo tempo e segretamente
mette radici uguali ai rami
facendo l’amore con il coperto della terra.
Di ritorno alla pianta e ritornare animale
nel sesso dove ritornano gli odori
e gli ululati e i morsi.
Lui ti dà i morsi ?
No… risposi per vergogna
al prete bello e calpestato dagli anni
che non avevano ragione dei suoi occhi azzurri.
Noi avevamo bussato al portone di ferro.
per il quadro dimenticato secoli prima
sopra un altare e lui offeso
che della Madonna intendessimo
solamente la bellezza
era tornato a morsicare pezzetti
di coniglio apparecchiati, in spregio
alla nostra mistica incuranza.
No, no, mentivo, al crudo sincero
della domanda e lui mi fece:
coi suoi capelli smanati dalle donne
con le sue asole slabbrate
e infinitamente rammendate
con le mani piene di ossicine
con tutta la terra degli occhi che avevano
sbagliato strada…
Se non ti morde non ti ama
***
Si no puedo partir
viajaré en vertical como los árboles
que al mismo tiempo y en secreto extienden
sus raíces iguales a las ramas
y hacen el amor con lo oculto en la tierra.
Regresamos a plantas, volvemos a animales
en el sexo donde vuelven los olores,
los gritos, los mordiscos.
¿Te da mordiscos él?
No… respondí por vergüenza
al cura guapo y maltratado por los años
que respetaron sus ojos azules.
Habíamos llamado a la puerta de hierro
para ver un cuadro olvidado por los siglos
sobre un altar y él, ofendido
porque de la Virgen nos interesaba
solo la belleza,
mordía los trozos de conejo de su plato,
despreciando nuestro místico descuido.
No, no, mentía yo, a su cruda y sincera
pregunta, y él me dijo,
con su pelo despeinado por las mujeres,
con sus ojales ajados
y eternamente remendados,
con las manos llenas de huesecitos,
con toda la tierra de sus ojos que se habían
equivocado de camino…
Si no te muerde no te ama.
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Autora: Sabrina Foschini. Traductor: Juan Vicente Piqueras. Título: Mordiscos y plegarias. Editorial: Renacimiento. Venta: Todos tus libros, Amazon, Fnac y Casa del Libro.
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